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Gli intellettuali

Gramsci: Extrait des "Quaderni del carcere"

Gli intellettuali sono un gruppo sociale autonomo e in­dipendente, oppure ogni gruppo sociale ha una sua propria categoria specializzata di intellettuali ? Il problema è complesso per le varie forme che ha assunto finora il pro­cesso storico reale di formazione delle diverse categorie intellettuali. Le piú importanti di queste forme sono due:

1) Ogni gruppo sociale, nascendo sul terreno origina­rio di una funzione essenziale nel mondo della produzio­ne economica, si crea insieme, organicamente, uno o piú ceti di intellettuali che gli dànno omogeneità e consape­volezza della propria funzione non solo nel campo econo­mico, ma anche in quello sociale e politico: l'imprendito­re capitalistico crea con sé il tecnico dell'industria, lo scienziato dell'economia politica, l'organizzatore di una nuova cultura, di un nuovo diritto ecc. ecc. Occorre notare il fatto che l'imprenditore rappresenta una elabora­zione sociale superiore, già caratterizzata da una certa ca­pacità dirigente e tecnica (cioè intellettuale): egli deve ave­re una certa capacità tecnica, oltre che nella sfera circoscritta della sua attività e della sua iniziativa, anche in altre sfere, almeno in quelle piú vicine alla produzione economica (deve essere un organizzatore di masse d'uo­mini, deve essere un organizzatore della «fiducia» dei ri­sparmiatori nella sua azienda, dei compratori della sua merce ecc.). Se non tutti gli imprenditori, almeno una éli­te di essi deve avere una capacità di organizzatore della società in generale, in tutto il suo complesso organismo di servizi, fino all'organismo statale, per la necessità di creare le condizioni piú favorevoli all'espansione della propria classe; o deve possedere per lo meno la capacità di scegliere i «commessi» (impiegati specializzati) cui af­fidare questa attività organizzatrice dei rapporti genera­li esterni all'azienda. Si puè osservare che gli intellettua­li «organici» che ogni nuova classe crea con se stessa ed elabora nel suo sviluppo progressivo sono per lo piú «spe­cializzazioni» di aspetti parziali dell'attività primitiva del tipo sociale nuovo che la nuova classe ha messo in luce. (Anche i signori feudali erano detentori di una particola­re capacità tecnica, quella militare, ed è appunto dal mo­mento in cui l'aristocrazia perde il monopolio della capa­cità tecnico-militare che si inizia la crisi del feudalismo. Ma la formazione degli intellettuali nel mondo feudale e nel precedente mondo classico e una quistione da esami­nare a parte: questa formazione ed elaborazione segue vie e modi che occorre studiare concretamente. Cosi è da notare che la massa dei contadini, quantunque svolga una funzione essenziale nel mondo della produzione, non ela­bora proprii intellettuali «organici» e non «assimila» nes­sun ceto di intellettuali «tradizionali», quantunque dalla massa dei contadini altri gruppi sociali tolgano molti dei loro intellettuali e gran parte degli intellettuali tradizio­nali siano di origine contadina).

2) Ma ogni gruppo sociale «essenziale» emergendo al­la storia dalla precedente struttura economica e come espressione di un suo sviluppo (di questa struttura), ha trovato, almeno nella storia finora svoltasi, categorie so­ciali preesistenti e che anzi apparivano come rappresen­tanti una continuità storica ininterrotta anche dai complicati e radicali mutamenti delle forme sociali e po­litiche. La piti tipica di queste categorie intellettuali è quella degli ecclesiastici, monopolizzatori per lungo tem­po (per un'intera face storica che anzi da questo monopo­lio è in parte caratterizzata) di alcuni servizi importanti: l'ideologia religiosa cioè la filosofia e la scienza dell'epo­ca, con la scuola, l'istruzione, la , la giustizia, la be­neficenza, l'assistenza ecc. La categoria degli ecclesiasti­ci pue essere considerata essere la categoria intellettuale strappo della giacca, non si dirà che tutti sono cuochi sarti). Si formano cosi storicamente delle categorie spe. cializzate per l'esercizio della funzione intellettuale, si for mano in connessione con tutti i gruppi sociali ma special­mente in connessione coi gruppi sociali pin importanti e subiscono elaborazioni piú estese e complesse in connes­sione col gruppo sociale dominante. Una delle caratteri­stiche piú rilevanti di ogni gruppo che si sviluppa verso il dominio è la sua lotta per l'assimilazione e la conquista «ideologica» degli intellettuali tradizionali, assimilazionc e conquista che è tanto piú rapida ed efficace quanto piú il gruppo dato elabora simultaneamente i propri intellet­tuali organici. L'enorme sviluppo preso dall'attività e dal­l'organizzazione scolastica (in senso largo) nelle società sorte dal mondo medioevale indica quale importanza ab­biano assunto nel mondo moderno le categorie e le fun­zioni intellettuali: come si è cercato di approfondire e di­latare l'«intellettualità» di ogni individuo, cosi si è anche cercato di moltiplicare le specializzazioni e di affinarle. Ciò risulta dalle istituzioni scolastiche di diverso grado, fino agli organismi per promuovere la cosi detta «alta cul­tura», in ogni campo della scienza e della tecnica. (La scuola è lo strumento per elaborare gli intellettuali di va- rio grado. La complessità della funzione intellettuale nei diversi Stati si puè misurare obbiettivamente dalla quan­tità delle scuole specializzate e dalla loro gerarchizzazio­ne: quanto pin estesa è l'«area» scolastica e quanto pin numerosi i «gradi» «verticali» della scuola, tanto è complesso il mondo culturale, la civiltà, di un determina­to Stato. Si puè avere un termine di paragone nella sfera della tecnica industriale: l'industrializzazione di un pae­se si misura dalla sua attrezzatura nella costruzione di mac­chine per costruire macchine e nella fabbricazione di stru­menti sempre pin precisi per costruire macchine e stru­menti per costruire macchine ecc. Il paese che ha la migliore attrezzatura per costruire strumenti per i gabi­netti sperimentali degli scienziati e per costruire strumen­ti per collaudare questi strumenti, si puè dire il piti com­plesso nel campo tecnico-industriale, il piú civile ecc. Cosi è nella preparazione degli intellettuali e nelle scuole de­dicate a questa preparazione: scuole e istituti di alta cul­tura sono assimilabili). (Anche in questo campo la quan­tità non puè scinderai dalla qualità. Alla piti raffinata spe­cializzazione tecnico-culturale non puè non corrispondere la maggiore estensione possibile della diffusione dell'istru­zione primaria e la maggiore sollecitudine per favorire i gradi intermedi al phi gran numero. Naturalmente questa necessità di creare la piti larga base possibile per la sele­zione e l'elaborazione delle piti alte qualifiche intellettua­li - di dare cioè all'alta cultura e alla tecnica superiore una struttura democratica - non è senza inconvenienti: si crea cosi la possibilità di vaste crisi di disoccupazione degli stra­ti medi intellettuali, come avviene di f atto in tutte le so­cietà moderne).

Da notare che l'elaborazione dei ceti intellettuali nella realtà concreta non avviene su un terreno democratico astratto, ma secondo processi storici tradizionali molto concreti. Si sono formati dei ceti che tradizionalmente «producono» intellettuali e sono quelli stessi che di soli­to sono specializzati nel «risparmio», cioè la piccola e me­dia borghesia terriera e alcuni strati della piccola e media borghesia cittadina. La diversa distribuzione dei diversi tipi di scuole (classiche e professionali) nel territorio «eco­nomico» e le diverse aspirazioni delle varie categorie di questi ceti determinano o danno forma alla produzione dei diversi rami di specializzazione intellettuale. Cosi in Italia la borghesia rurale produce specialmente funziona­ri statali e prof essionisti liberi, mentre la borghesia citta­dina produce tecnici per l'industria: e perciò l'Italia set­tentrionale produce specialmente tecnici e Mafia meri­dionale specialmente funzionari e prof essionisti.

Il rapporto tra gli intellettuali e il mondo della produ­zione non è immediato, come avviene per i gruppi socia­li fondamentali, ma è «mediato», in diverso grado, da tut­to il tessuto sociale, dal complesso delle superstrutture, di cui appunto gli intellettuali sono i « funzionari». Si po­trebbe misurare l'«organicità» dei diversi strati intellet­tuali, la loro piú o meno stretta connessione con un grup-po sociale fondamentale, fissando una gradazione di Ili funzioni e delle soprastrutture dal basso in alto (dalla base strutturale in su). Si possono, per ora, fissare due grandi «piani» superstrutturali: quello che si puè chiamare della «società civile», cioè dell'insieme di organismi volgarmente detti «privati» e quello della «società politica o Stato», che corrispondono alla funzione di «egemonia» che il gruppo dominante esercita in tutta la società e a quello di «dominio diretto» o di comando che si esprime nello Stato e nel governo «giuridico». Queste funzioni sono precisamente organizzative e connettive. Gli intelletuali sono i «commessi» del gruppo dominante per l’esercizio delle funzioni subalterne dell'egemonia sociale e del governo politico, cioè: 1) del consenso «spontaneo» dato dalle grandi masse della popolazione all'indirizzo impresso alla vita sociale dal gruppo fondamentale dominante, consenso che nasce «storicamente» dal prestigio (e quindi dalla fiducia) derivante2 al gruppo dominante dalla sua posizione e dalla sua funzione nel mondo della produzione; 2) dell'apparato di coercizione statale che assicura «legalmente» la disciplina di quei gruppi che non «consentono» né attivamente né passivamente, ma è costituito per tutta la società in previsione dei momenti di crisi nel comando e nella direzione in cui il consenso spontaneo vien meno. Questa impostazione del problema dà come risultato un'estensione molto grande del concetto di intellettuale, ma solo cosi è possibile giungere a una approssimazione concreta della realtà. Questo modo di impostare la questione urta contro preconcetti di casta: è vero che la stessa funzione organizzativa dell'egemonia sociale e del dominio statale dà luogo a una certa divisione del lavoro e quindi a tutta una gradazione di qualifiche, in alcune delle quali non appare piú alcuna attribuzione direttiva e organizzativa: nell'apparato di direzione sociale e statale esiste tutta una serie di impieghi di carattere manuale e strumentale (di ordine e non di concetto, di agente e non di ufficiale o funzionario ecc.), ma evidentemente occorre fare questa distinzione, come occorrerà farne anche qualche altra. Infatti l'attività intellettuale deve essere distinta in gradi anche dal punto di vista intrinseco, adi che nei momenti di estrema opposizione dànno una vera e propria differenza qualitativa: nel piti alto gradino saranno da porre i creatori delle varie scienze, della filo­sofia, dell'arte ecc.; nel phi basso i piú umili « amministra­iori» e divulgatori della ricchezza intellettuale già esisten­le, tradizionale, accumulata. L'organismo militare, anche in questo caso, offre un modello di queste complesse gra­duazioni: ufficiali subalterni, ufficiali superiori, Stato maggiore; e non bisogna dimenticare i graduati di truppa, la cui importanza reale è superiore a quanto di solito si pensi. E interessante notare che tutte queste parti si sen­tono solidali e anzi che gli strati inferiori manifestano un piúappariscente spirite, di corpo e traggono da esso una «boria» che spesso li espone ai frizzi e ai motteggi.

Nel mondo moderno, la categoria degli intellettuali, co­si intesa, si è ampliata in modo inaudito. Sono state ela­borate dal sistema sociale democratico-burocratico mas­se imponenti, non tutte giustificate dalle necessità socia­li della produzione, anche se giustificate dalle necessità politiche del gruppo fondamentale dominante. Quindi la concezione loriana del «lavoratore» improduttivo (ma im­produttivo per riferimento a chi e a quale modo di pro­duzione ?), che potrebbe in parte giustificarsi se si tiene conto che queste masse sfruttano la loro posizione per far- si assegnare taglie ingenti sul reddito nazionale. La for­mazione di massa ha standardizzato gli individui e come qualifica individuale e come psicologia, determinando gli stessi fenomeni che in tutte le altre masse standardizza­te: concorrenza che pope la necessità dell'organizzazione professionale di difesa, disoccupazione, superproduzione scolastica, emigrazione ecc.

Diversa posizione degli intellettuali di tipo urbano e di tipo rurale. Gli intellettuali di tipo urbano sono concre­sciuti con l'industria e sono legati aile sue fortune. La lo­to funzione puô essere paragonata a quella degli ufficiali subalterni nell'esercito: non hanno nessuna iniziativa au­tonoma nel costruire i piani di costruzione; mettono in rapporto, articolandola, la massa strumentale con l'imprenditore, elaborano l'esecuzione immediata del piano di produzione stabilito dallo stato maggiore dell'industria, controllandone le fasi lavorative elementari. Nella loro media generale gli intellettuali urbani sono molto standar­dizzati; gli alti intellettuali urbani si confondono sempre pin col vero e proprio stato maggiore industriale.

Gli intellettuali di tipo rurale sono in gran parte «tra­dizionali», cioè legati alla massa sociale campagnola e pic­colo-borghese di città (specialmente dei centri minori), non ancora elaborata e messa in movimento dal sistema capitalistico: questo tipo di intellettuale mette a contatto la massa contadina con l'amministrazione statale o locale (avvocati, notai ecc.) e per questa stessa funzione ha una grande funzione politico-sociale, perché la mediazione prof essionale è difficilmente scindibile dalla mediazione politica. Inoltre: nella campagna l'intellettuale (prete, av­vocato, maestro, notaio, medico ecc.) ha un medio teno­re di vita superiore o almeno diverso da quello del medio contadine e perciò rappresenta per questo un modello so­ciale nell' aspirazione a uscire dalla sua condizione e a mi­gliorarla. Il contadino pensa sempre che almeno un suo fi­gliolo potrebbe diventare intellettuale (specialmente pre­te), cioè diventare un signore, elevando il grado sociale della famiglia e facilitandone la vita economica con le ade­renze che non potrà non avere tra gli altri signori. L'at­teggiamento del contadine verso l'intellettuale è duplice e pare contradditorio: egli ammira la posizione sociale del­l'intellettuale e in generale dell'impiegato statale, ma fin­ge talvolta di disprezzarla, cioè la sua ammirazione è in­trisa istintivamente da elementi di invidia e di rabbia ap­passionata. Non si comprende nulla della vita collettiva dei contadini e dei germi e fermenti di sviluppo che vi esi­stono se non si prende in considerazione, non si studia in concreto e non si approfondisce, questa subordinazione effettiva agli intellettuali: ogni sviluppo organico delle masse contadine, fino a un certo punto, è legato ai movi­menti degli intellettuali e ne dipende.

Altro è il caso per gli intellettuali urbani: i tecnici di fabbrica non esplicano nessuna funzione politica sulle loro masse strumentali, o almeno è questa una fase già su­perata; talvolta avviene proprio il contrario, che le masse strumentali, almeno attraverso i loro propri intellettuali organici, esercitano un influsso politico sui tecnici.

Il punto centrale della quistione rimane la distinzione tra intellettuali, categoria organica di ogni gruppo sociale fondamentale, e intellettuali, come categoria tradiziona­le; distinzione da cui scaturisce tutta una serie di proble­mi e di possibili ricerche storiche. Il problema pin interes­sante è quello che riguarda, se considerato da questo pun­to di vista, il partito politico moderno, le sue origini reali, i suoi sviluppi, le sue forme. Cosa diventa il partito poli­tico in ordine al problema degli intellettuali? Occorre f a­re alcune distinzioni: 1) per alcuni gruppi sociali il parti­to politico è niente altro che il modo proprio di elaborate la propria categoria di intellettuali organici, che si formano cosi e non possono non formarsi dati i caratteri gene­rali e le condizioni di formazione, di vita e di sviluppo del gruppo sociale dato, direttamente nel campo politico e fi­losofico e non già nel campo della tecnica produttiva (nel campo della tecnica produttiva si formano quegli strati che si puè dire corrispondono ai «graduati di truppa» nell'e­sercito, cioè gli operai qualificati e specializzati in città e in modo phi complesso i mezzadri3 e coloni in campagna, poiché il mezzadro e il colono in generale corrisponde piut­tosto al tipo artigiano, che è l'operaio qualificato di una economia medioevale); 2) il partito politico, per tutti i gruppi, è appunto il meccanismo che nella società civile compie la stessa funzione che compie lo Stato in misura pin vasta e pin sinteticamente nella società politica, cioè procura la saldatura tra intellettuali organici di un dato gruppo, quello dominante, e intellettuali tradizionali, e questa funzione il partito compie appunto in dipendenza della sua funzione fondamentale che è quella di (elabora­re i proprii componenti, elementi di un gruppo sociale na­to e sviluppatosi come «economico», fino a farli diventa­re intellettuali politici qualificati, dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti all'organico svi­luppo di una società integrale, civile e politica. Si puè dire anzi che nel suo ambito il partito politico compia la sua funzione molto piú compiutamente e organicamente di quanto lo Stato compia la sua in ambito piú vasto: un in­tellettuale che entra a far parte del partito politico di un determinato gruppo sociale si confonde con gli intellettua­li organici del gruppo stesso, si lega strettamente al grup­po, ciò che non avviene attraverso la partecipazione alla vita statale che mediocremente e talvolta affatto. Anzi av­viene che molti intellettuali pensino di essere lo Stato, cre­denza che, data la massa imponente della categoria, ha tal­volta conseguenze notevoli e porta a complicazioni spia­cevoli per il gruppo fondamentale economico che realmente è lo Stato.

Che tutti i membri di un partito politico debbano esse­re considerati come intellettuali, ecco un' affermazione che pub prestarsi allo scherzo e alla caricatura; pure, se si ri­flette, mente di piú esatto. Sarà da fare distinzione di gra­di, un partito potrà avere una maggiore o minore compo­sizione del grado piú alto o di quello piú basso, non è ciò che importa: importa la funzione che è direttiva e orga­nizzativa, cioè educativa, cioè intellettuale. Un commer­ciante non entra a far parte di un partito politico per fare del commercio, né un industriale per produrre di piú e a costi diminuiti, né un contadino per apprendere nuovi me­todi di coltivare la terra, anche se alcuni aspetti di queste esigenze del commerciante, dell'industriale, del contadi­no possono trovare soddisfazione nel partito politico (l'o­pinione generale contraddice a ciò, affermando che il com­merciante, l'industriale, il contadino «politicanti» perdo­no invece di guadagnare, e sono i peggiori della loro categoria, ciò che pub essere discusso). Per questi scopi, entro certi limiti, esiste il sindacato professionale in cui l'attività economico-corporativa del commerciante, del­l'industriale, del contadino trova il suo quadro piú adat­to. Nel partito politico gli elementi di un gruppo sociale economico superano questo momento del loro sviluppo storico e diventano agenti di attività generali, di caratte­re nazionale e internazionale. Questa funzione del parti­to politico dovrebbe apparire molto piú chiara da un'analisi storica concreta del come si sono sviluppate le catego­rie organiche degli intellettuali e quelle tradizionali sia nel terreno delle varie storie nazionali, sia in quello dello svi­luppo dei vari gruppi sociali piú importanti nel quadro del­le diverse nazioni, specialmente di quei gruppi la cui atti­vità economica è stata prevalentemente strumentale.

La formazione degli intellettuali tradizionali è il pro­blema storico piú interessante. Esso è certamente legato alla schiavitù del mondo classico e alla posizione dei liber­ti di origine greca e orientale nell'organizzazione sociale dell'Impero romano. Questo distacco non solo sociale ma nazionale, di razza, tra masse notevoli di intellettuali e la classe dominante dell'Impero romano si riproduce dopo la caduta dell'Impero tra guerrieri germanici e intellettua­li di origine romanizzati, continuatori della categoria dei liberti. Si intreccia con questi fenomeni il nascere e lo svi­lupparsi del cattolicismo e dell'organizzazione ecclesiasti­ca che per molti secoli assorbe la maggior parte delle atti­vità intellettuali ed esercita il monopolio della direzione culturale, con sanzioni penali per, chi vuole opporsi o an­che eludere il monopolio. In Italia si verifica il fenome­no, piú o meno intenso secondo i tempi, della funzione cosmopolita degli intellettuali della penisola. Accennerè le differenze che saltano subito agli occhi nello sviluppo degli intellettuali in tutta una serie di paesi, almeno le piú notevoli, con l'avvertenza che queste osservazioni dovran­no essere controllate e approfondite (d' altronde, tutte queste note devono essere considerate semplicemente come spunti e motivi per la memoria, che devono essere con­trollati e approfonditi):

Per l'Italia il fatto centrale è appunto la funzione inter­nazionale e cosmopolita dei suoi intellettuali che è causa ed effetto dello stato di disgregazione in cui rimane la pe­nisola dalla caduta dell'Impero Romano al 187o.

La Francia dà un tipo compiuto di sviluppo armonico di tutte le energie nazionali e specialmente delle catego­rie intellettuali; quando nel 1789 un nuovo raggruppamen­to sociale affiora politicamente alla storia, esso è comple­tamente attrezzato per tutte le sue funzioni sociali e percià lotta per il dominio totale della nazione, senza venire a compromessi essenziali con le vecchie classi, ma invece subordinandole ai propri fini. Le prime cellule intellettua­li del nuovo tipo nascono con le prime cellule economiche: la stessa organizzazione ecclesiastica ne è influenzata (gal­licanismo, lotte molto precoci tra Chiesa e Stato). Questa massiccia costruzione intellettuale spiega la funzione del­la cultura francese nei secoli xviii e xix, funzione di irra­diazione internazionale e cosmopolita e di espansione a carattere imperialistico ed egemonico in modo organico, quindi ben diversa da quella italiana, a carattere immigra­torio personale e disgregato, che non refluisce sulla base nazionale per potenziarla ma invece concorre a rendere impossibile il costituirsi di una salda base nazionale.

In Russia diversi spunti: l'organizzazione politica ed economico-commerciale è creata dai Normanni (Varieghi), quella religiosa dai greci bizantini; in un secondo tempo i tedeschi e i francesi portano l'esperienza europea in Rus­sia e danno un primo scheletro consistente alla gelatina storica russa. Le forze nazionali sono inerti, passive e ri­cettive, ma forte appunto perciò assimilano completamen­te le influenze straniere e gli stessi stranieri, russificando­li. Nel periodo storico piú recente avviene il fenomeno in- verso: una élite di persone tra le pié attive, energiche, intraprendenti e disciplinate, emigra all'estero, assimila la cultura e le esperienze storiche dei paesi piú progredi­ti dell'Occidente, senza perciò perdere i caratteri phi es­senziali della propria nazionalità, senza cioè rompere i le­gami sentimentali e storici col proprio popolo; fatto cosf il suo garzonato intellettuale, rientra nel paese, costrin­gendo il popolo ad un forzato risveglio, ad una marcia in avanti accelerata, bruciando le tappe. La differenza tra questa élite e quella tedesca importata (da Pietro il Gran­de, per esempio) consiste nel suo carattere essenziale na­zionale-popolare: non può essere assimilata dalla passività inerte del popolo russo, perché è essa stessa una energica reazione russa alla propria inerzia storica.

In un altro terreno e in ben diverse condizioni di tem­po e di luogo, questo fenomeno russo puè essere parago­ nato alla nascita della nazione americana (Stati Uniti): gl'immigrati anglosassoni sono anch'essi un'élite intellet­tuale, ma specialmente . Si vuol parlare natural­mente dei priori immigrati, dei pionieri, protagonisti del­le lotte religiose e politiche inglesi, sconfitti, ma non umi­liati né depressi nella loro patria d'origine. Essi importano in America, con se stessi, oltre l'energia e voliti­va, un certo grado di civiltà, una certa fase dell'evoluzio­ne storica europea che, trapiantata nel suolo vergine ame­ricano da tali agenti, continua a sviluppare le forze impli­cite nella sua natura ma con un ritmo incomparabilmente piú rapido che nella vecchia Europa, dove esiste tutta una serie di freni (morali intellettuali politici economici, in­corporati in determinati gruppi della popolazione, reliquie dei passati regimi che non vogliono sparire) che si oppon­gono a un processo celere ed equilibrano nella mediocrità ogni iniziativa, diluendola nel tempo e nello spazio.

In Inghilterra lo sviluppo è molto diverso che in Fran­cia. Il nuovo raggruppamento sociale nato sulla base del­l'industrialismo moderno ha un sorprendente sviluppo economico-corporativo, ma procede a tastoni nel campo intellettuale-politico. Molto vasta la categoria degli intel­lettuali organici, nati cioè sullo stesso terreno industriale col gruppo economico, ma nella sfera piú elevata trovia­mo conservata la posizione di quasi monopolio della vec­chia classe terriera, che perde la supremazia economica ma conserva a lungo una supremazia politico-intellettua­le e viene assimilata come «intellettuali tradizionali» e strato dirigente dal nuovo gruppo al potere. La vecchia aristocrazia terriera si unisce agli industriali con un tipo di sutura che in altri paesi è appunto quello che unisce gli intellettuali tradizionali aile nuove classi dominanti.

Il fenomeno inglese si è presentato anche in Germania complicato da altri elementi storici e tradizionali. La Germania, come l'Italia, è stata la sede di una istituzione e di una ideologia universalistica, supernazionale (Sacro Ro­mano Impero della Nazione tedesca) e ha dato una certa quantità di personale alla cosmopoli medioevale, depau­perando le proprie energie interne e suscitando lotte chedistoglievano dai problemi di organizzazione nazionale e mantenevano la disgregazione territoriale del Medio Evo. Lo sviluppo industriale è avvenuto sotto un involucro se­mifeudale durato fino al novembre 1918 e gli junker han- no mantenuto una supremazia politico-intellettuale ben maggiore di quella dello stesso gruppo inglese. Essi sono stati gli intellettuali tradizionali degli industriali tedeschi, ma con speciali privilegi e con una forte coscienza di es­sere un gruppo sociale indipendente, basata sul fatto che detenevano un notevole potere economico sulla terra, «produttiva» piû che in Inghilterra. Gli junker prussiani rassomigliano a una casta sacerdotale-militare, che ha un quasi monopolio delle funzioni direttive-organizzative nel­la società politica, ma ha nello stesso tempo una base eco­nomica propria e non dipende esclusivamente dalla libe­ralità del gruppo economico dominante. Inoltre, a diffe­renza dei nobili terrieri inglesi, gli junker costituivano l'ufficialità di un grande esercito stanziale, ciè che dava loro dei quadri organizzativi solidi, favorevoli alla conser­vazione dello spirito di corpo e del monopolio politico (nel libro Parlament° e governo nel nuovo ordinamento della Germania di Max Weber si possono trovare molti elemen­ti per vedere come il monopolio politico dei nobili abbia impedito l'elaborazione di un personale politico borghe­se vasto e sperimentato e sia alla base delle continue cri- si parlamentari e della disgregazione dei partiti liberali e democratici; quindi l'importanza del Centro cattolico e della Socialdemocrazia, che nel periodo imperiale riusci­rono a elaborare un proprio strato parlamentare e diretti­vo abbastanza notevole).

Negli Stati Uniti è da notare l'assenza, in una certa mi­sura, degli intellettuali tradizionali e quindi il diverso equilibrio degli intellettuali in generale. Si è avuta una formazione massiccia sulla base industriale di tutte le su­perstrutture moderne. La necessità di un equilibrio non è data dal fatto che occorre fondere gli intellettuali orga­nici con quelli tradizionali che non esistono come catego­ria cristallizzata e misoneista, ma dal fatto che occorre fondere in un unico crogiolo nazionale di cultura unitaria tipi di culture diverse portati dagli immigrati di varie ori­gini nazionali. La mancanza di una vasta sedimentazione di intellettuali tradizionali, come si è verificata nei paesi di antica civiltà, spiega in parte sia l'esistenza di due so­li grandi partiti politici, che si potrebbero in realtà f acil­mente ridurre a uno solo (cfr. con la Francia non solo del dopoguerra, quando la moltiplicazione dei partiti è diven­tata fenomeno generale) e all'opposto la moltiplicazione illimitata delle sette religiose (mi pare ne siano state ca­talogate piú di 200; cfr. con la Francia e con le lotte ac­canite sostenute per mantenere l'unità religiosa e del popolo francese).

Una manifestazione interessante è ancora da studiare negli Stati Uniti ed è il formarsi di un numero sorpren­dente di intellettuali negri, che assorbono la cultura e la tecnica americana. Si puè pensare all'influsso indiretto che questi intellettuali negri possono esercitare sulle mas­se arretrate dell'Africa e a quello diretto se si verificasse una di queste ipotesi: 1) che l'espansionismo americano si serva corne di suoi agenti dei negri nazionali per conqui­stare i mercati africani e estendervi il proprio tipo di ci­viltà (qualcosa di simile è già avvenuto, ma ignoro in qual misura); 2) che le lotte per l'unificazione del popolo ame­ricano si inaspriscano in tal misura da determinare l'eso­do dei negri e il ritorno in Africa degli elementi intellet­tuali phi indipendenti ed energici e quindi meno propen­si ad assoggettarsi a una possibile legislazione ancora phi umiliante del costume attualmente diffuso. Nascerebbe­ro due quistioni fondamentali: 1) della lingua, cioè l'in­glese potrebbe diventare la lingua colta dell'Africa, uni­ficatrice dell'esistente pulviscolo di dialetti ? 2) se questo strato intellettuale possa avere la capacità assimilatrice e organizzatrice in tal misura da far diventare «nazionale» l'attuale primitivo sentimento di razza disprezzata, innal­zando il continente africano al mito e alla funzione di pa­tria comune di tutti i negri. Mi pare che, per ora, i negri d'America debbano avere uno spirito di razza e naziona­le phi negativo che positivo, suscitato cioè dalla lotta che i blanchi conducono per isolarli e deprimerli: ma non è stato questo il caso degli ebrei fino a tutto il r 700 ? La Li­beria già americanizzata e con lingua ufficiale inglese po­trebbe diventare la Sion dei negri americani, con la ten­denza a parsi come il Piemonte africano.

Nell'America meridionale e centrale la quistione degli intellettuali mi pare sia da esaminare tenendo conto di queste condizioni fondamentali: anche nell'America me­ridionale e centrale non esiste una vasta categoria di in­tellettuali tradizionali, ma la cosa non si presenta negli stessi termini degli Stati Uniti. Troviamo infatti alla base dello sviluppo di questi paesi i quadri della civiltà spagno­la e portoghese del 500 e del 600, caratterizzata dalla Con­troriforma e dal militarismo parassitario. Le cristallizza­zioni resistenti ancora oggi in questi paesi sono il clero e una casta militare, due categorie di intellettuali tradizio­nali fossilizzate nella forma della madre patria europea. La base industriale è molto ristretta e non ha sviluppato soprastrutture complicate: la maggior quantità di intellet­tuali è di tipo rurale e poiché domina il latifondo, con este- se proprietà ecclesiastiche, questi intellettuali sono legati al clero e ai grandi proprietari. La composizione nationa­le è molto squilibrata anche fra i bianchi, ma si complica per le masse notevoli di indii che in alcuni paesi sono la maggioranza della popolazione. Si puè dire in generale che in queste regioni americane esiste ancora una situazione da Kulturkampf e da processo Dreyfus, cioè una situazio­ne in cui l'elemento laico e borghese non ha ancora rag­giunto la fase della subordinazione alla politica laica del­lo Stato moderno degli interessi e dell'influenza clericale e militaresca. Avviene cosi che per opposizione al gesuiti­smo abbia ancora molta influenza la Massoneria e il tipo di organizzazione culturale come la «Chiesa positivista». Gli avvenimenti di questi ultimi tempi (novembre 1930), dal Kulturkampf di Galles nel Messico aile insurrezioni militari-popolari in Argentina, nel Brasile, nel Perû, nel Cile, in Bolivia, dimostrano appunto la esattezza di que­ste osservazioni.

Altri tipi di formazione delle categorie intellettuali e dei loro rapporti con le forze nazionali si possono trova­ re in India, in Cina, nel Giappone. Nel Giappone abbia­mo una formazione del tipo inglese e tedesco, cioè di una civiltà industriale che si sviluppa entro un involucro feu­dale-burocratico con caratteri propri inconfondibili.

In Cina c'è il fenomeno della scrittura, espressione del­la completa separazione degli intellettuali dal popolo. In India e in Cina l'enorme distanza tra gli intellettuali e il popolo si manifesta poi nel campo religioso. Il problema delle diverse credenze e del modo diverso di concepire e praticare la stessa religione tra i diversi strati della società ma specialmente tra clero e intellettuali e popolo dovreb­be essere studiato in generale, perché si manifesta da per tutto in una certa misura, sebbene nei paesi dell'Asia orientale abbia le manifestazioni piú estreme. Nei paesi protestanti la differenza è relativamente piccola (la mol­tiplicazione delle sette è legata all'esigenza di una sutura completa tra intellettuali e popolo, ciò che riproduce nel­la sfera dell'organizzazione superiore tutte le scabrosità della concezione reale delle masse popolari). E molto no­tevole nei paesi cattolici, ma con gradi diversi: meno gran­de nella Germania cattolica e in Francia, piú grande in Italia, specialmente nel Mezzogiorno e nelle Isole; gran­dissima nella penisola iberica e nei paesi dell'America La­tina. Il fenomeno aumenta di portata nei paesi ortodossi ove bisogna parlare di tre gradi della stessa religione: quel­lo dell'alto clero e dei monaci, quello del clero secolare e quello del popolo. Diventa assurdo nell'Asia orientale, do­ve la religione del popolo spesso non ha nulla a che f are con quella dei libri, sebbene aile due si dia lo stesso no­me. [...]

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Ecrit par dcollin le Dimanche 2 Septembre 2012, 22:00 dans "Philosophie italienne" Lu 4330 fois. Version imprimable

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