SIGNIFICATO STORICO DELLA NECESSITÀ
B. Croce: La Storia come pensiero e come azione, IV
Dalla necessità storica, nel significato logico che si è determinato, e che è il pensiero che sente la gravità del compito suo e non vuole lasciarsene distrarre correndo dietro a trastulli, bisogna tenere ben lontani due altri significati dello stesso vocabolo, e che sono due concetti erronei. L'uno è che la storia sia necessaria perché i fatti precedenti nelle serie determinano i susseguenti in una catena di cause ed effetti. Non si insisterà mai abbastanza su questa semplice e fondamentale verità, e pur difficile a cogliere da molti intelletti avvolti nelle ombre del naturalismo e del positivismo: che il concetto di causa (e anche qui, sebbene possa forse sembrare superfluo, avvertiamo che intendiamo del «concetto», e non del«vocabolo», il quale appartiene alla comune conversazione), che il concetto di causa è e deve rimanere estraneo alla storia, perché nato sul terreno delle scienze naturali e avente il suo ufficio nell'àmbito loro. Né alcuno è riuscito mai, praticamente, a raccontare per adeguazione di cause ed effetti un qualsiasi tratto di storia, ma soltanto ha potuto aggiungere al racconto costruito con diverso metodo, ossia con quello che è spontaneo e proprio alla storia, l'impropria terminologia causalistica per far pompa di scientifismo. Ovvero altresi, e come conseguenza sentimentale di quel preconcetto deterministico, si è preso a raccontarla nel modo sfiduciato e pessimistico a cui l’uomo naturalmente si dispone quando la storia, invece di apparirgli come fatta da lui e da proseguire e innovare con l’azione sua propria, gli casca addosso simile a una valanga di sassi che rotolano da un alto monte e battono sul fondo e sulla sua persona, schiacciandola.
L'altro concetto si presenta nella forma capziosa della sentenzia: che nella storia c'è pure una logica; il che è indubitabile, perché, se la logica è nell'uomo, è anche nella storia, e, se il pensiero umano pensa questa, la pensa, come si è visto, logicamente. Ma la parola “logica”, nella suddetta sentenza, significa cosa ben diversa dalla logicità, un disegno o programma secondo il quale la storia s'inizierebbe, svolgerebbe e terminerebbe e che allo storico spetterebbe di ritrovare, sottosante ai fatti apparenti, nascosta matrice di questi fatti e ultima e vera loro interpretazione. Piti volte i filosofi hanno ragionato un disegno svolgendolo dal concetto dell’Idea, o da quello del Spirito, o, altresi, della Materia; senonché Idea, Spirito e Materia travestinvano in varie guise il Dio trascendante che solo potrebbe idearlo e imporlo agli uomini e attendere a farlo eseguire. A questa, che è la forma nuda e schietta, giova dunque sempre ridurlo, e in questa principalmente considerarlo: forma che Tommaso Campanella diceva nei suoi sonetti, e senza nessuna intenzione satirica né burlesca, esser quella di un «comico fatal libro», di uno « scenario», quale egli lo vedeva usato ai suoi tempi dai direttori delle compagnie dei comici dell'arte per disegnare l'azione della commedia, assegnare le varie parti agli attori e far seguire la recita; e che l'abate Galiani paragonava alla pratica, consueta ai bari, che giocano con «dés pipés», con dadi segnati. Come che sia, nemmeno una storia di questa sorta è stata mai da alcuno effettualmente raccontata; e l'imbarazzo dei suoi proponitori e propugnatori si scopriva già nella loro metodologia, per l'aggiunta e contradittoria loro richiesta che l'indagine dovesse attingere un disegno che è di là dalle testimonianze e dai documenti, e però irraggiungibile per quella via; e, nel fatto, per l'uso di quelle testimonianze ora a simbolo ora a superfluo ornamento dell'asserzione che facevano delle loro credenze e tendenze e speranze e paure, politiche, religiose, filosofiche o altre che fossero e che battezzavano storia. Al pari della causalità, il Dio trascendente è straniero alla storia umana, che non sarebbe se quel Dio fosse: essa che è a sé stessa il Dioniso dei misteri e il «Christus patiens» del peccato e della redenzione.
Insieme con questa duplice falsa forma della necessità sparisce dalla storiografia l'altro concetto, che da quella deriva, della previsione storica; perché, se del programma divino era rivelato di solito l'atto ultimo (per esempio, la venuta dell'Anticristo, la fine del mondo e il Giudizio universale), tutto il recto, intermedio tra il presente e quello, stava pure scritto nel libro della Provvidenza, e qualche tratto ne poteva essere per grazia rivelato a qualche pio uomo; e, per un altro verso, nella concezione causalistica la catena delle cause ed effetti proseguiva, e si poteva, calcolando, determinarne i futuri anelli. Praticamente, per altro, si confessava l'impossibilità del prevedere, nel primo caso riverenti all'imperscrutabile volontà divina, nel secondo smarriti dinanzi all'enorme complessità delle cause in giuoco: cosicché il fedele naturalista faceva, corne il naturalistico romanziere dei Rougon-Macquart, lo Zola, che, dopo aver costruito nel tronco e in tutti i rami e ramicelli l'albero di quella famiglia, sottomessa alla legge dell'eredità, nel posto preparato a un bambine, che stava per nascere non sapeva segnare altro che l'ironica interrogazione senza risposta: «Quel sera-t-il?». Nondimeno, la piega del prevedere persiste come abitudine nell'aspettazione di molti lettori di storia, e come dovere di dignità da parte di molti scrittori, e di chi si soddisfa in sfilate di immagini che non hanno alcuna sostanza, come si è detto, fuori dei personali timori e paure e delle personali speranze di chi le viene formando.
Alla necessità causalistica e a quella trascendente, che si celano l'una e l'altra sotto tante forme ingannevoli, dovrebbero i difensori della libertà umana saldamente opporsi, e non già partire in battaglia, come sovente fanno, contro la necessità logica della storiografia, che è, invece, premessa di questa libertà.Ecrit par dcollin le Mardi 9 Avril 2013, 19:27 dans "Philosophie italienne" Lu 3388 fois.
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